Descrizione
Questa rivista sorge con un atteggiamento volutamente antipropagandistico. Ciò non significa ch’essa intenda dedicarsi al disfattismo od alla demolizione di determinati motivi retorici.
È antipropagandistica perchè ritiene indispensabile che accanto ai megafoni dell’ottimismo ad oltranza, delle parole d’ordine elementarizzate e apodittiche, delle tesi politiche valide per 48 ore, ci sìa luogo e momento per la riflessione, per l’esame dei dubbi, per le correzioni di rotta e per la elaborazione di disegni politici di più lunga portata.
La logica del suffragio universale lega tutti, anche quelli che non ci credono, ad una artificiosa ostentazione di sicurezza, al terrore dello scandalo in casa propria, soffocato col prezzo di inaudite sopportazioni; e anche se non obbliga in ogni caso a dire le bugie, costringe tuttavia ad una esposizione di verità parziali e dalle gambe corte. L’uomo politico d’oggigiorno non manca ai suoi doveri di responsabilità e di onestà riferendo nei comizi qualche inesattezza fatta apposta per impressionare la fantasia dell’uditorio; vi manca però, e cade in peccato mortale, quando, narcisisticamente innamorato delle parole che si versa addosso, finisce per pigliarle sul serio.
Il dolo autentico è quello che si esercita verso se stessi, abdicando alla funzione storica di cui si è investiti per sposare i temi della propaganda, o della polemica spicciola, in cui va persa ogni realistica visione d’assieme.
Questo dolo nei confronti della patria, dell’idea, dei camerati della base, l’abbiamo commesso anche noi, non intenzionalmente, dando per troppi anni al nostro comportamento l’abito convinto della disciplina e dell’applauso anche quando le responsabilità affidateci e la fiducia in noi riposta ci avrebbe dovuto impegnare ad alzarci con chiara parola di dissenso. Quando poi qualcheduno fra noi si decise a parlare lo fece con sentimento esacerbato da lunga compressione, eccedendo nei modi della protesta col furore di una delusione in parte non giustificata, perchè le illusioni ce le eravamo fatte noi stessi attraverso una immatura valutazione di uomini e circostanze. Rimproverammo ai nostri massimi esponenti di non essersi comportati nella misura delle nostre speranze, per non aver capito che non è possibile esprimere originalmente lo spirito dei tempi e fare la storia senza avere la stoffa dell’uomo rappresentativo. […]
Giano Accame, marzo 1956
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