Descrizione
”Chi sparò il primo colpo della guerra civile? Chi saldò i primi anelli della tragica catena di odio e di sangue che doveva trascinare gli italiani nell’orrore della lotta fratricida?”.
La sera dell’8 settembre 1943 non sussistono le condizioni per un massacro fra italiani. Il sentimento più diffuso è uno sfiduciato attendismo. Solo due minoranze nazionali continuano la lotta sotto due bandiere, entrambe tricolori ma contrapposte: quella della Repubblica Sociale Italiana e quella del Regno del Sud. Ma nessuna delle due parti è intenzionata a scatenare un bagno di sangue tra fratelli. Ciò non accadrà al Sud per espressa volontà di Mussolini come non accadrebbe al Nord dove la componente armata badogliana (Alfredo Pizzoni, Edgardo Sogno, etc.) ha il solo compito di assicurare una dignitosa presenza antifascista in armi all’arrivo delle truppe alleate. Ma vi è una terza minoranza, l’unica in grado di imporre la sua volontà in campo antifascista al Nord, per la quale una simile prospettiva è politicamente deleteria e deve essere vanificata a qualunque costo: il Partito Comunista Italiano. Internazionalista, rivoluzionario e stalinista, il PCI ha colto nello stravolgimento epocale in atto l’occasione storica per tentare la presa del potere in Italia.
Nasce così la guerra civile, scavalcando quella che dovrebbe essere l’emanazione resistenziale del Regno del Sud, il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia): dalla mattanza degli aderenti alla RSI all’uso del terrorismo stragista, dall’eliminazione degli antifascisti non comunisti al massacro indiscriminato dei “nemici del popolo”, che si proietterà oltre la fine della guerra coinvolgendo suo malgrado l’intero schieramento antifascista in una delle pagine più turpi e atroci della nostra storia.
Una storia che l’Italia ufficiale, a sessant’anni da quei drammatici eventi, si rifiuta ancora di leggere.
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