Descrizione
Lo studio affronta la trasformazione delle conoscenze tecnico-professionali e della cultura investigativa della Polizia sullo sfondo dell’affermazione dei principi del positivismo e della fiducia nella scienza a cavallo tra ‘800 e ‘900, consolidatasi durante la Grande guerra. Esperienze e metodi che risulteranno fondamentali per la tenuta del fronte interno e per le strategie politico-militari.
Gli effetti saranno evidenti già dal Dopoguerra, e locuzioni comuni identificative degli uomini della sicurezza nella vulgata individuati come “sbirro” o ”guardia”, che sottendono una frattura sociale e individuale tra poliziotto e trama umana, sono riconiugati in una terminologia maggiormente identificativa di un ruolo riconosciuto: “agente”, “ispettore”, “investigatore”, per indicare non solo un nuovo personale in borghese, specializzato e meglio pagato per i servizi di polizia tecnica, scientifica e di indagine, ma anche un soggetto socialmente considerato e apprezzato.
Il Corpo degli Agenti d’investigazione per «il servizio della prevenzione e della repressione dei reati e per la ricerca dei delinquenti» voluto nell’agosto del 1919, è la declinazione istituzionale della “nuova” Polizia; soppresso nel 1922 è stato sinora trascurato dalla storiografia dei Corpi di Stato nonostante ad esso la Polizia di Stato riconduce le proprie origini liberali e moderne per conclusioni dell’Autore.
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