Description
Periodi, episodi, momenti della storia attraverso immagini rare ed inconsuete, tratte da archivi personali, albums di famiglia, ricordi dei protagonisti, prima che si perdano e perché ne resti memoria.
Formato 17×24 – Pagine 176 interamente illustrato con circa 300 immagini a colori e B/N – Copertina flessibile plastificata – Brossura
Il 16 aprile 1941 le truppe italiane iniziavano le operazioni offensive contro il territorio del Regno di Iugoslavia. Su due dei tre fronti operativi, quello giulio e quello zarantino, la penetrazione fu relativamente veloce, mentre più lente e difficoltose si dimostrarono le operazioni sul fronte albanese. In questo caso, complice anche lo sbandamento dell’Esercito iugoslavo, causato dall’azione offensiva tedesca, la campagna si risolse in pochi giorni di guerra.
La fallace illusione provocata da questo esempio più unico che raro di “blitzkrieg” italiana, era destinata ben presto a svanire.
Il paese, smembrato da annessioni territoriali italiane, tedesche, bulgare e ungheresi, e sulle cui ceneri erano sorti due stati collaborazionisti, uno croato ed uno serbo, fu in pratica cancellato dalla geografia europea. La ripartizione forzata, combinata dalla durezza dei diversi regimi di occupazione, unitamente alle aspirazioni nazionalistiche delle varie componenti etniche, portarono ad un generalizzato risentimento popolare. Quest’ultimo, abilmente sfruttato dal piccolo ma efficiente Partito Comunista Iugoslavo, guidato da Josip Broz Tito, degenerò ben presto in lotta insurrezionale.
Impreparato a combattere una guerra moderna ed ancor più una di tipo non convenzionale, il Regio Esercito si trovò ben presto invischiato nel pantano balcanico. La guerra, o meglio la guerriglia, fatta di piccole ma ininterrotte azioni di disturbo, causò un continuo stillicidio di perdite. La mentalità di quei popoli, forgiata nelle secolari quanto crudeli lotte contro i Turchi, trovava sfogo in una violenza indicibile fatta di stragi ed eccidi, che richiamavano inevitabilmente feroci rappresaglie, in una inarrestabile spirale di violenza.
Per oltre due anni, nei boschi della Slovenia, lungo le coste Dalmate o nelle impervie gole bosniache, le unità del Regio Esercito si logorarono in una guerra di presidio, incapace di arrestare il fenomeno della lotta partigiana. Inutili quanto massicci rastrellamenti rallentavano ma non interrompevano l’azione dei guerriglieri iugoslavi, che operavano con il vantaggio della piena conoscenza del proprio territorio.
Su tutta l’inaudita barbarie della guerra di etnia inasprita da quella di religione. Una guerra caratterizzata dalle poche battaglie ma dai mille insidiosi scontri ove non esisteva un nemico palese da affrontare a viso aperto. Una guerra quasi senza onore, volutamente dimenticata, sulla quale poco si è scritto e che soltanto l’attuale tragedia della ex Iugoslavia sembra aver riportato d’attualità.
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